Dal 14 ottobre nelle sale, dopo aver inaugurato la Festa del cinema di Roma, tratto dal romanzo bestseller di Sandro Veronesi (premio Strega 2020), Il Colibrì è un melodramma corale (e all star) diretto da Francesca Archibugi.
Una storia di lutti e destini incrociati. Salti temporali e sofferenze. Rare gioie e, infine, eutanasia. Eppure, un’opera “narrata” senza la pesantezza dei temi al centro del quadro. È il racconto della vita di Marco Carrera (Pierfrancesco Favino), “il colibrì”, una vita di coincidenze fatali, perdite e amori assoluti. La storia procede secondo la forza dei ricordi che permettono di saltare da un periodo a un altro, da un’epoca a un’altra, in un tempo liquido che va dai primi anni ‘70 fino a un futuro prossimo. Tra flashback e flashforward, rivediamo tutta la vita di Marco fino al 2030, l’epoca in cui si svolge il finale sulle note di Caro amore lontanissimo, brano inedito di Sergio Endrigo e Riccardo Sinigallia, interpretato da Marco Mengoni.
Il Colibrì è la storia della forza ancestrale della vita, della strenua lotta che facciamo tutti noi per resistere a ciò che talvolta sembra insostenibile. Anche con le potenti armi dell’illusione, della felicità e dell’allegria.