Arriva al cinema il 2 marzo Creed III, terzo capitolo della saga spin off dedicata ad Adonis Creed, il figlio di Apollo, rivale e amico dell’iconico Rocky Balboa.
Diretto da Michael B. Jordan, che qui fa il suo debutto dietro la macchina da presa, il terzo capitolo della saga cinematografica fa a meno del personaggio mentore interpretato da Sylvester Stallone e si concentra molto sulla vita interiore del protagonista, sul suo cammino dopo aver appeso i guantoni al chiodo e sulla necessità di lasciar andare il passato per poter vivere al meglio il presente.
Sono passati tre anni da quando Adonis Creed (Michael B. Jordan) ha deciso di ritirarsi dalla box, decidendo di gestire una palestra per allenare le nuove generazioni di pugili. Tuttavia, dal passato, torna Damian “Dame” Anderson (Jonathan Majors), suo vecchio amico d’infanzia che ha passato quindici anni in prigione e ora vuole tornare a combattere per inseguire il suo sogno di diventare campione del mondo dei pesi massimi. Il bisogno spasmodico di aiutare un vecchio amico si trasforma per Adonis in una gabbia che rischia di mandare all’aria tutto quello per cui ha lavorato. L’unica scelta possibile, per evitare che il passato divori il futuro del pugile, è quello di indossare di nuovo i guantoni e salire sul ring.
Nonostante gli incontri di boxe abbiano comunque il loro spazio e il loro peso, Creed III è un film che mette in scena la storica contrapposizione tra bianco e nero, ponendo Adonis e Dame come due metà di un’insieme che solo apparentemente è diversificato.
Ed è su questo senso di amicizia tradita, sulla redenzione e l’espiazione del peccato, sull’accettazione di sé e dell’altro che si basa il cuore del film, che non rinuncia a quelle classiche scene cardine del genere – il già citato allenamento, lo scontro finale, il conto quando si è al tappeto – ma le arricchisce di un livello molto intimo che rende Creed III una pellicola che, per quanto poco originale, non mancherà di coinvolgere il pubblico.